giovedì 26 agosto 2010

Il muscolo tibiale posteriore - Parte 1: Biomeccanica

Apparso su: A piede Libero, anno 2009 n. 4 - visualizza l'intera rivista in .pdf

Quando parliamo di muscolatura cavizzante facciamo riferimento a quei tendini intrinseci ed estrinseci del piede che sono capaci, in fase di contrazione del ventre cui sono collegati e con l’arto in carico, di aumentare l’altezza della volta plantare mediale. Fra questi muscoli annoveriamo l’abduttore dell’alluce e il tibiale anteriore, tessuti sui quali il podologo è abituato ad agire per via propriocettiva quando progetta plantari provvisti di ¼ di sfera per stimolare lo sviluppo della volta in bambini e ragazzi con piedi piatti. In condizioni fisiologiche anche il peroneo lungo è un muscolo cavizzante, perché è in grado di plantarflettere contro il suolo il primo metatarsale e di supinare l’articolazione sottoastragalica, con il risultato di un innalzamento della volta. Un altro muscolo importante nel sostegno  della volta mediale è senza dubbio il tibiale posteriore, che è inoltre in grado di plantarflettere l’articolazione tibio- tarsica e di compiere un’adduzione del piede. In sede di esame clinico il suo tendine può essere palpato agevolmente nel punto in cui passa immediatamente dietro e inferiormente al malleolo mediale, zona in cui viene messo in evidenza con la flessione plantare associata alla supinazione.

ANATOMIA E FISIOLOGIA

Il muscolo tibiale posteriore origina dal labbro inferiore, dalla linea obliqua e dalla faccia posteriore della tibia, dalla parte posteriore della membrana interossea, dalla faccia mediale della fibula e dai setti intermuscolari circostanti. Decorre in direzione distale e in profondità a ridosso della membrana interossea. Il suo tendine corre al di sotto del malleolo tibiale nel solco retro malleolare, e si porta al di sopra del substentaculum tali. Giunto in corrispondenza del tubercolo dello scafoide, il tendine dà tre espansioni: la più robusta e che continua la direzione del tendine si inserisce a livello del tubercolo mediale dello scafoide e sul 1° cuneiforme; quella laterale si dirige sul 2°, 3° cuneiforme e al cuboide; infine il fascio di fibre posteriore si porta verso il substentaculum tali. L’innervazione del muscolo è data dal nervo tibiale, mentre l’attributo di sangue è garantito in maggior parte dall'arteria tibiale posteriore e in minor misura dall’arteria peronea. Gran parte del tendine è ricoperto da un foglietto peritendineo che riduce l’attrito, nel quale i vasi formano una struttura simile a una ragnatela. Dal peritendine essi penetrano nel tessuto del tendine vero e proprio e si anastomizzano con una rete di arteriole non omogenea. Nella regione in cui il tendine passa attorno al malleolo mediale questa rete intratendinea, inizialmente orientata longitudinalmente, si interrompe e il tibiale posteriore risulta essere avascolare nella zona in cui scorre attorno alla puleggia ossea della doccia malleolare (figura sovrastante). Questa piccola precisazione sull’irrorazione del tibiale posteriore ci servirà in seguito, quando descriveremo la patologia di questo muscolo. Grazie alla posizione dei sui capi inserzionali, quando si contrae il tibiale posteriore è capace di avvicinare lo scafoide al substentaculum tali: questa compressione agisce sulla testa dell’astragalo, accomodata fra queste due componenti ossee, la quale è costretta a risalire al di sopra del suo acetabolo, con il risultato di una supinazione di tutta l’articolazione sottoastragalica. Per questo motivo il tibiale posteriore è un muscolo fondamentale nella costituzione della leva rigida podalica che permette il trasferimento di carico durante la deambulazione.

FUNZIONALITÀ DEL MUSCOLO NELLA DEAMBULAZIONE

I modelli di attività fasica dei muscoli suggeriscono che il tibiale posteriore comincia a contrarsi durante il periodo di contatto col suolo subito dopo l’appoggio dell’avampiede a terra, frenando l’eversione del calcagno e ammortizzando lo shock. Ma questo muscolo comincia già ad agire ben prima, cioè non appena il tallone tocca a terra e rotola in plantarflessione verso il suolo, spinto dalle forze di reazione di quest’ultimo. Infatti in qualità di muscolo di origine biossea (tibiale e fibulare) concorre al serraggio della pinza malleolare nella quale si incastra l’astragalo, che viene mano a mano frenato rallentando così tutto l’avampiede, che non sbatte a terra. Tutto ciò avviene in assenza di una vera e propria attività fasica rilevabile nel muscolo tramite elettromiografia, bensì grazie a una sua contrazione eccentrica, ovvero la forza resistiva all’allungamento propria di tutte le fibre muscolari e dei tessuti tendinei. Infatti la contrazione eccentrica di qualsiasi muscolo del corpo è dal 150 al 600% più efficiente di una contrazione concentrica: in sostanza un muscolo è molto più forte nel resistere all’allungamento piuttosto che ad accorciarsi. Se prendiamo in considerazione la struttura pennata e poi semipennata del tibiale posteriore e il suo lungo tendine, deduciamo una grande efficienza di questo muscolo nell’esprimere una forza eccentrica. All’aumentare del carico sull’arto in appoggio, la gamba continua a intraruotare, con il risultato di una pronazione dell’articolazione sottoastragalica. Il tibiale posteriore è il primo dei muscoli della loggia posteriore della gamba ad agire per frenare e poi bloccare questa pronazione fino al contatto col terreno dell’avampiede: il retropiede viene spinto in inversione e il metatarso in eversione, in preparazione della fase portante. Ma prima che questa si compia è necessario stabilizzare la gamba sul piede in carico, la quale procede in avanti per l’accelerazione del tronco. Durante tale periodo il tibiale posteriore assume un altro importante ruolo in qualità di muscolo plantarflessore, che è quello di evitare la caduta in avanti della gamba. Il tibiale posteriore, con assistenza del soleo prima, del flessore lungo delle dita e dell’alluce poi, frena l’avanzare della tibia sul piede. Una volta che la pronazione ASA è stata frenata, l’azione del tibiale posteriore continua per tutto l’appoggio intermedio, permettendo di supinare l’ASA e di extrarotare la gamba. Questa azione viene svolta in concomitanza con il muscolo soleo e il flessore lungo delle dita. Supinazione ed extrarotazione continuano per tutta la durata d’appoggio. Alla fine dell’appoggio intermedio, il tibiale posteriore compie una contrazione sinergica col peroneo lungo in modo tale da comprimere il primo raggio sulla mediotarsica e la mediotarsica sul tarso, costituendo la leva rigida antigravitaria. Infine durante la propulsione il tibiale posteriore agisce nella flessione plantare della tibiotarsica. Nel prossimo numero tratteremo della disfunzione del tibiale posteriore, una delle principali cause di deformità in piattismo del piede nell’adulto, nonché del ruolo del podologo nella cura e nella prevenzione della patologia di questo importante muscolo del piede.


1 commento:

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