giovedì 19 gennaio 2012

La ricerca di un approccio unificato alla biomeccanica podiatrica: revisione delle teorie sul funzionamento e sulla terapia ortesica del piede. PARTE 2




Teoria Dello stress tissutale
Kevin Kirby pubblicò il primo lavoro riguardante la variazione dell'asse della sottoastragalica nel 1987. Questo modello è basato sulla posizione e sul movimento attorno all'articolazione sottoastragalica e le maniere con cui modificare questi movimenti per diminuire lo stress di strutture anatomiche. Vengono quindi identificate le strutture lesionate e la relativa patologia secondo uno schema meccanico del piede. Fuller ha recentemente applicato i concetti del meccanismo a verricello del piede e del centro di pressione ai lavori più recenti di Kirby. Questo approccio impiega l'applicazione di leggi fisiche come il momento, le leve, lo stress e le curve di deformazione. La teoria dello stress tissutale  è basata su un concetto di cinetica opposto alla cinematica del piede. Il concetto centrale è che la pronazione o la supinazione non causano danno, ma fermare questi movimenti invece sì. Se il centro di pressione è mediale all'asse della sottoastragalica durante il cammino, un movimento supinatorio verrà applicato a questa articolazione, e viceversa. Per l'equilibrio rotazionale è necessario che strutture che si oppongano a questi movimenti applichino forze della stessa grandezza. Per esempio, la fascia plantare e il tibiale posteriore si oppongono al movimento pronatorio attorno la sottoastragalica. Uno slittamento mediale o laterale del suo asse risulta in un disturbo di tale equilibrio, un movimento indesiderato interviene fintanto che nessuna struttura intervenga per  aumentare il momento angolare opposto. La deformazione che ciò impone sulle suddette strutture come il tibiale posteriore potrebbe eccedere le capacità di carico, pertanto risultare in una lesione. La diminuzione dei sintomi sembra dettare l'esito del trattamento, piuttosto che indicare il successo o meno di un posizionamento del piede nella posizione ideale. Danni al sistema muscolo-scheletrico del piede vengono trattati mediante ortesi plantari che riducano le forze anormali sui tessuti lesionati applicando il momento appropriato all'articolazione sottoastragalica. Kirby ha contestato i criteri di normalità di Root et al, dichiarando che fossero irrilevanti al conseguimento nel normale funzionamento del piede con un'ortesi: un piede che rimane molto vicino allo stato neutrale della sottoastragralica quando a riposo in bipedestazione statica, in realtà mostra una eccessiva forza supinatoria in dinamica. Un piede moderatamente pronato in stance è considerato normale. La prescrizione ortottica scelta include stabilizzazioni per l'avampiede e il retropiede, estensioni avampodaliche nel caso di avampiede varo o valgo. Calchi negativi sono spesso modificati al momento della presa, a seconda della forma del guscio, per applicare le corrette forze al piede: ad esempio il primo raggio viene dorsiflesso o plantarflesso per riallineare avampiede o retropiede, fino a 10 gradi di correzione. La quantità di momento patologico decreta quella di correzione necessaria piuttosto che una lavorazione del calco basato sulla posizione neutra della sottoastragalica. La larghezza generale del plantare non è specificato, nonostante sia comunemente più largo di quanto prescriva la teoria della morfologia del piede. In contrasto con quest'ultima, sono richieste modificazioni delle forze che agiscono sulle articolazioni, e non nelle posizioni proprie di esse. Se la forza di reazione del suolo produce momenti esagerati, esse vanno sopperite mediante l'heel skive, un controllo a cuneo posto sotto l'alloggiamento mediale o laterale del tallone. Non esiste un protocollo per la produzione delle ortesi nemmeno nel caso di questa teoria, anche se abbiamo molta più letteratura in merito.
Una teoria unificata
E' ragionevole assumere che nessun clinico continuerebbe ad utilizzare una teoria che non funziona per guarire i propri pazienti. Razionalmente quindi devono esserci aspetti benefici in tutte e tre le teorie esposte in questo e nello scorso numero della rivista. Nonostante i tre principali paradigmi biomeccanici siano in conflitto fra loro (si veda la tabella), tutti dimostrano però dei punti in comune, ovvero che il piede funziona attraverso tre principali aree di interesse:

1La capacità di essere stabile e mantenere una struttura congruente durante la fase di stance
2Permettere alla gamba di ruotare attorno al punto di contatto al suolo e di esercitare la falcata
3Permettere la rotazione prima interna e poi esterna della gamba rispetto al suolo attraverso la pronazione e la supinazione dell'articolazione sottoastragalica

Potrebbe quindi esistere un meccanismo correttivo che sottende tutte queste teorie? Viene esposta di seguito una teoria che spiega il normale e l'anormale funzionamento del piede, che potrebbe essere usato per unificare e spiegare i benefici riportati e dimostrati dalle tre differenti teorie.
Meccanismo teoretico per un piede di funzionalità normale
Al momento del primo contatto del piede con il terreno,  avviene la fase di doppio appoggio degli arti inferiori. In questo momento l'arto che ha compiuto il contatto iniziale si trova internamente rotato a terra. A permettere questa rotazione interna è la sottoastragalica, che pronando abbassa anche l'arco mediale. Mano a mano che l'arco si abbassa, esso si allunga e le strutture che si originano prossimamente e si inseriscono distalmente l'articolazione mediotarsica aumentano la loro tensione. E' rilevante l'esempio fornito dalla tabella 3. Questo aumento di tensione applica una forza compressiva longitudinale attraverso convessità e concavità delle articolazioni mediotarsiche, le quali si “impacchettano” e aumentano congruentemente la stabilità del piede. Specificatamente alla fascia plantare, viene proposto un meccanismo ad argano invertito. Non solo la tensione dell'aponeurosi plantare aumenta la stabilità delle articolazioni mediotarsiche, ma spinge le dita al suolo a causa delle inserzioni dei tendini plantari sulle falangi prossimali. La normale quota di pronazione che avviene assieme con l'intrarotazione della gamba al contatto col suolo fornisce stabilità al piede ed è quindi essenziale per una normale camminata. Attraverso la midstance la gamba comincia a ruotare esternamente rispetto al suolo. Questa rotazione necessita della supinazione della sottoastragalica, attraverso la quale l'arco comincia a risalire, pertanto l'origine e l'inserzione delle strutture responsabili del congruente supporto del piede vengono ravvicinate, per cui la stabilità può venire persa. Ciò avviene quando il tallone si alza dal suolo, un momento del passo in cui il centro di presione corporeo progredisce anteriormente alla caviglia e alle articolazioni mediotarsiche. Questa progressione crea un momento massimo che tende ad abbassare l'arco. La capacità del piede è quella di resistere a questa forza e inoltre di mantenere l'arco in costante elevazione. Il meccanismo ad argano ha effetto come descritto da Hicks nel 1954 e recentamente da Fuller e Danamberg. Dal punto di vista anatomo-funzionale si prendono in considerazione l'arco mediale e la banda mediale della fascia plantare. Quest'ultima origina dal tubercolo mediale del calcagno e si inserisce distalmente nella base della falange prossimale de nelle ossa sesamoidi. In catena cinetica chiusa, in un piede con una struttura normale, dorsiflettendo l'alluce si tende la fascia plantare che avvolge la prima testa metatarsale, analogamente ad un cavo attorno ad una puleggia. Questa efficiente meccanismo avvicina il calcagno e la prima testa metatarsale, causando l'accorciamento del piede e il conseguente innalzamento dell'arco mediale. Durante la propulsione la maggior parte del peso è sostenuto dalla colonna mediale del piede, mentre la gamba ruota esternamente e l'arco si alza e si abbassa. Per alzare il tallone è necessario che l'alluce dorsifletta. Questo annoda l'argano del meccanismo a verricello del piede mediante la tensione della fascia plantare, creando una forza compressiva attraverso tutto il piede. Viene ora utilizzata la pronazione indotta dall'intrarotazione tibiale per raggiungere una propria stabilità podalica, perché grazie ad essa aumenta la lontananza e quindi la tensione delle strutture durante la fase di conttatto e l'inizio della midstance. Come il piede fa perno sull'alluce, la gamba extraruota e la stabilità del mesopiede si mantiene attraverso il meccanismo ad argano. La fascia plantare, nonostante sia solo una dei molti componenti coinvolti nel mantenimento strutturale del piede, è teoricamente essenziale anche al mantenimento della stabilità articolare nella risupinazione durante lo stacco del tallone.