venerdì 3 settembre 2010

Linee guida sulla valutazione e il trattamento podologico delle eterometrie

Cominciamo con una precisazione: la dismetria è il disturbo neurologico caratterizzato dalla difficoltà di calcolare le distanze nel raggiungimento di un oggetto. Quando trattiamo di differenze nella lunghezza di due arti inferiori è invece appropriato parlare di eterometria. Oltre a questo, una corretta terminologia è fondamentale soprattutto per distinguere una eterometria anatomica vera degli arti inferiori (detta strutturale e definita LLD – Leg Lenght Discrepancy), da una meno rara eterometria funzionale (detta apparente e definita LLI – Leg lenght inequality).
Il podologo dovrebbe essere preparato per valutare l’intera immagine clinica di tutto il corpo alla base di una LLI. Dovremmo essere molto consapevoli di come causa congenita, idiopatica e traumatica influenzino una eterometria solo apparente. Gli esempi sono molti: scoliosi, blocchi intervertebrali, sacralizzazione della colonna lombare (quando la 5a vertebra lombare si trasforma e si fonde con l'osso sacro), ecc.
Ciascuno di questi risultati influenza l'atteggiamento della colonna lombare, del bacino e, a cascata, della lunghezza della gamba. Una volta che questi fattori vengono esclusi, possiamo cominciare a cercare la causa della apparente LLI a valle della catena muscolare e postulare il trattamento corretto. Anche se mossi dalle migliori intenzioni, trattare le eterometrie con rialzi del tallone senza tenere conto di tutti questi fattori induce troppo spesso al fallimento delle terapie ortesiche.
Non tutti i casi di eterometria apparente infatti sono dovuti alla rotazione lombare e pelvica (detta assiale) e lo stesso vale per l'estremità inferiore (detta appendicolare): anomalie del piede e della caviglia contribuiscono alla LLI, ma non così frequentemente come le cause assiali e congenite. In genere quindi è meglio non utilizzare rialzi in eterometrie apparenti, salvo casi di scoliosi idiopatica in cui ci sia eterometria acquisita e dove l’arto inferiore più corto è dal lato della convessità della curvatura lombare.
La quantità di differenza in lunghezza che si nota durante l’esame di un paziente non dovrebbe necessariamente corrispondere alla quantità di altezza compensatoria inserita nella calzatura di un paziente con eterometria. Questo per una serie di ragioni. Prima di tutto, la misurazione clinica della differenza di lunghezza è notoriamente inaccurata, a meno che non venga effettuata una radiografia. Ad ogni modo può essere utile, prima di applicare un rialzo permanente, fornire al paziente un rialzo di prova da inserire nelle scarpe per verificare sollievo dei sintomi, miglioramento dei pattern deambulatori e assenza di sintomatologie o patologie collaterali.
In secondo luogo, aggiungere un tacco a una scarpa sola modifica radicalmente la dinamica del passo dell’arto rialzato, per cui è generalmente la scelta migliore applicare un rialzo a lunghezza totale soprattutto se superiore ai 6 mm. In altre parole, determinando discrepanze maggiori di 6 mm, potrebbe essere utile applicare parte del rialzo totale sulla suola e il resto solo al tallone, all’interno della scarpa.
Terzo, se il paziente utilizza già delle ortesi plantari, applicare un rialzo addizionale alla suola o al di sotto del plantare mina la funzione dell’ortesi sul piede. Questo perché, quando si indossa un’ortesi con un rialzo addizionale per il tallone, il paziente non si accorge dell’aumentata pressione a livello dell’arcata mediale e il piede corre il rischio di incrementare la forza supinatoria. Ciò avviene perché in un piede, quando aumentano la plantarflessione del primo raggio e il conseguente irrigidimento dell’arco mediale, conseguono dorsiflessione dell’alluce e detensione del tendine d’Achille. Tutti questi fattori tendono ad aumentare il momento supinatorio dell’articolazione sottoastragalica, che si verifica nel momento in cui al plantare si aggiunge un anormale rialzo per il tallone.
Infine, gli unici casi utili all’indicazione di un rialzo della stessa altezza dell’eterometria riscontrata sono su pazienti di età inferiore ai 20 anni o su adulti che hanno recentemente subito traumi o accorciamenti degli arti iatrogeni (dovuti cioè a complicanze chirurgiche). Altrimenti è buona regola utilizzare rialzi non superiori al 50-75% della differenza dell’arto riscontrata, a seconda del tipo di deambulazione del paziente e della sintomatologia riscontrata. La teoria alla base di questa conclusione è che, dopo anni di deambulazione con eterometria degli arti, il paziente abbia sviluppato nel tempo adattamenti del sistema muscolo scheletrico, che sarebbe deleterio correggere all’improvviso in maniera completa. Per esempio: in un paziente di 45 anni con diagnosi di eterometria di 1 cm sarà opportuno partire con un rialzo di 0,5 cm (sulla suola o internamente alla calzatura a livello del tallone). Dopo 6 mesi o più, possono essere aggiunti ulteriori 2 mm, nel caso che il paziente sia interessato a un’ulteriore correzione e non abbia problemi risultanti dal rialzo addizionale.
Ad ogni modo, rialzi esterni alla suola sono accompagnati da una serie di problematiche: possibile instabilità del passo, peso addizionale della calzatura, aumentata rigidità della suola e non ultimo il motivo estetico. Questi potenziali fattori negativi devono sempre essere tenuti in considerazione dal clinico.
La minima quantità di eterometria utile da compensare è legata alla capacità di misurazione clinica della stessa. L’errore medio di una misurazione obiettiva di un’eterometria, a patto che venga effettuata a regola d’arte, è di circa ± 3 mm. Sotto la soglia di tale errore è inutile agire, poiché probabilmente l’eterometria non ha conseguenze rilevanti per la deambulazione. C’è però un’eccezione, rappresentata dal paziente sportivo e in particolar modo dal runner, per il quale la forza di reazione del terreno aumenta del doppio se comparata a quella che si sviluppa durante la camminata.
Quattro tecniche di misurazione di eterometria consigliate:

1.paziente sdraiato supino, le estremità inferiori parallele al piano sagittale mediano, caviglie dorsiflesse a 90 gradi. Si misura la differenza fra l’aspetto del cuscinetto adiposo dei due talloni;
2.la stessa misurazione si pratica con il paziente seduto sul lettino con le natiche premute contro il muro, estremità inferiori parallele al piano sagittale mediano (quindi con le articolazioni dell’anca flesse a 90 gradi, ginocchia estese e caviglie dorsiflesse a 90 gradi);
3.paziente in bipedestazione rilassata (dopo un respiro profondo); si palpa a livello delle spine iliache antero-superiori. Può essere utile l’ausilio di una livella a bolla;
4.paziente in bipedestazione rilassata (dopo un respiro profondo); si palpa a livello delle spine iliache postero superiori. Può essere utile l’ausilio di una livella a bolla.

E’ sconsigliata la metodologia di misurazione con metro a livello delle sporgenze dei malleoli mediali perché non tiene conto di eventuali differenze di lunghezze dal malleolo alla pianta del piede.
L’indagine radiografica è utile quando vi sia un contributo all’eterometria della schiena (scoliosi) o dei fianchi (rotazioni sul piano trasversale). Si possono usare i raggi X per rilevare inclinazioni del bacino e dare prova che un lato è più alto dell'altro. La lastra della colonna e del bacino, che dovrà essere eseguita sotto carico su pellicola con reticolo, in posizione ortostatica in proiezione a.p., è utile anche quando ci sono squilibri biomeccanici a seguito di protesizzazione d’anca o del ginocchio, per misurare effettivamente la differenza con l’arto sano. E ancora, è utile nei casi in cui l'impianto non si adatta perfettamente o siano state innestate protesi troppo lunghe o troppo corte. In ogni caso la radiografia va sempre comparata con il risultato ottenuto dall’indagine clinica.
Un altro metodo per rilevare una discrepanza fra la lunghezza degli arti è osservare il movimento delle braccia del paziente durante la marcia. Il braccio opposto all’arto più corto compie oscillazioni più ampie rispetto a quello controlaterale. Un paziente con arto sinistro più corto di 1 cm può generare oscillazioni del braccio sinistro fino al 50% più ampie del normale. Ciò è verosimilmente dovuto all’aumento di massa e al momento di inerzia dell’arto inferiore destro, più lungo, che richiede un aumento dell’accelerazione angolare dell’arto sinistro per impedire alla testa di rotare sul piano traverso durante la deambulazione.
A seguito di tutte queste indicazioni, il podologo può essere disorientato riguardo alla quantità di correzione da utilizzare in caso di eterometrie. Quando lavoriamo sulla costruzione dei plantari siamo infatti abituati a trattare patologie come la pronazione anomala della sottoastragalica, il valgismo di calcagno ecc., utilizzando elementi sostanzialmente ipercorrettivi. Questo perché a fronte di una correzione di 30 gradi, riusciamo a ottenere deviazioni della pronazione solo di un paio, forse di 3 gradi. È il caso delle calzature antipronatorie e delle ortesi plantari con cunei retropodalici con gradi di inclinazione che non necessariamente si traducono nella stessa quantità di supinazione della sottoastragalica per il piede del paziente.
In altre parole, il controllo del piede sul piano frontale a mezzo di ortesi plantare è suscettibile di un certo “gioco” che è invece assente nel controllo sagittale del piede e dell’estremità inferiore, realizzabile mediante un rialzo verticale, per il quale la proporzione fra elemento correttivo e correzione ottenuta è praticamente 1:1. È questo un altro motivo per cui i clinici più esperti sono riluttanti a trattare LLD con correzioni totali già alla prima visita nel caso di pazienti adulti. Essi preferiscono piuttosto utilizzare un correttivo parziale nella calzatura e con il tempo aumentarne lo spessore.

giovedì 2 settembre 2010

Roma Foot 2010

Apparso su: A piede libero anno 2010 n.2 Visualizza l'intera rivista in .pdf
 
Quando si attende alacremente un convegno da quasi un anno è inevitabile sviluppare una certa aspettativa. Le premesse del Roma foot 2010, il convegno internazionale tenutosi a maggio all'auditorium Seraphicum di Roma, erano all’altezza del partecipante più esigente: la presenza di figure autorevoli della facoltà di podologia della Sapienza, un palinsesto espositivo ampio e variegato, un'organizzazione attenta ai minimi particolari e un guest speaker del calibro di Kevin Kirby.
Il tema era lo sviluppo e lo studio delle nuove tecniche di chirurgia ibrida del piede, argomento trattato per intero durante la prima giornata, fra appunti di nuove tecniche e video di live surgery. Una giornata quindi di stretta competenza ortopedica, ma podologi, fisioterapisti e tecnici ortopedici hanno avuto anch'essi pane per i loro denti a partire dalla seconda giornata, dove le figure degli sportivi e in particolare dei runner sono state obiettivo di svisceramento da parte dei relatori.
Uno dei primi interventi di Kirby ha riguardato la terminologia in ambito podologico; una questione scottante viste le numerose contrapposizioni esistenti fra le diverse scuole internazionali e addirittura fra nord, centro e sud Italia. Lodevole quindi l'iniziativa del dottore di Sacramento, nel disperato tentativo di uniformare le basi su cui poggia la scienza podologica, affermando la validità della ragione e della logica.
Di tutt'altra idea il dr. Luigi Avagnina che, mosso dalla sua tipica eccentricità, è intervenuto parlando di plantare sportivo con una terminologia tutta personale e originale. Egli sostituisce ad esempio la parola stabilizzare, un po’ troppo vetusta e limitativa, con il termine forse più professionale di modulare.
Durante la presentazione dell’Ava concept, ovvero il metodo di fare podologia secondo Avagnina, abbiamo accolto con un po’ di perplessità le figure delle podoline, ovvero le studentesse che si sono laureate al master sul piede sportivo indetto da Avagnina, che le chiama a quel modo. Ovviamente una termine scherzoso, ma ci teniamo a promuovere il lato nobile e scientifico della disciplina podologica, a scanso di confusioni con il mondo delle soubrette!
Le ultime due giornate hanno avuto come tema centrale la biomeccanica. I concetti espressi sono stati molti: il dr Kirby ha sottolineato più volte la teoria rotazionale dell'asse Asa e quello di modello di stress dei tessuti, ha mostrato, secondo la sua scuola di pensiero, il plantare ideale per diverse patologie. Una relazione scrupolosa e completa.
Se possiamo formulare una conclusione critica è che, purtroppo, ancora oggi teorie biomeccaniche avanzate continuano a portare alle medesime conclusioni, ovvero alla necessità di un plantare con scarichi mirati e barre di sostegno metatarsali, con cunei prono-supinatori. Si tratta di design ormai collaudatissimi, e tutti noi speriamo che nel prossimo futuro si possa evolvere dalle vecchie teorie del Valenti (ancora per molti versi valide) e del Root. Sia ben chiaro, la scienza non può e non deve per sua stessa definizione dimenticare il passato e anzi, rimanendo in tema, sarebbe meglio che i relatori inserissero la bibliografia a valle delle loro relazioni, pratica ancora poco adottata qui in Italia.
Al convegno, alcuni strenui sostenitori delle teorie del Papparella Treccia hanno provocato Kirby sulla vera posizione dell'asse della sottoastragalica. Si tratta di provocazioni per molti versi fondate, cui purtroppo però non viene data risposta, rimandando tutta la questione a una non ben definita tavola rotonda per i soli relatori. Attendiamo con ansia che si trovi un punto di coesione fra i due modelli articolari presentati.
L’importante incontro organizzato dal dr. Albo procede all’insegna di una grande organizzazione, un successo dimostrato dall’ampia presenza degli espositori al piano inferiore la sala congressi. In seguito a workshop ed esempi di deambulazione di alcuni volontari, filmati e proiettati al grande schermo, il dr. Kirby e gli altri relatori si sono resi disponibili per una sessione di risposte alle domande della platea.
Terminato il convegno, è rimasto lo spazio per alcune considerazioni. Prima fra tutte la necessità di altri convegni improntati all’approccio scientifico, che privilegino i numeri alle belle espressioni d'impatto: una frase come "la verità del moto specifico dell'uomo è nascosta fra le spire di un'elica" sarà pure d'effetto, ma a parte l'essere ormai logora e abusata è scientificamente irrilevante, e di questo bisogna prendere atto per le prossime esposizioni.
A meno di una settimana dalla conclusione del Roma Foot 2010, presso gli indirizzi e-mail della redazione e di tutti i partecipanti alle tre giornate romane sono giunti i link per scaricare la raccolta di articoli e saggi messa a disposizione dal dr. Kirby.
Come è risaputo la maggior parte di questo tipo di raccolte necessita solitamente di essere acquistata presso le grandi banche dati scientifiche online. Le centinaia di pagine scaricabili presso la biblioteca virtuale del dr. Kirby ci sono invece state fornite gratuitamente, e spaziano dagli argomenti trattari durante il convegno fino alle questioni più disparate di ambito podologico e biomeccanico. Un servizio che da solo valeva il prezzo del biglietto al convegno, un grande impegno di un autore internazionale da prendere come esempio da parte degli studiosi nostrani.